Nel 2017 ha visto finalmente la luce il SismaBonus, tuttavia la strada da percorrere è stata lunga e tutt’altro che indolore. Purtroppo, come fin troppo spesso accade in Italia, solo dopo il verificarsi di una tragedia si comincia a discutere di come la si sarebbe potuta prevenire. La prima normativa sismica italiana risale al 1984, in risposta al terribile terremoto del 1980 in Irpinia, dove persero la vita 2.914 persone. Sono quindi 34 anni che da un punto di vista tecnico sappiamo come rendere gli edifici in grado di sopravvivere al sisma. E cosa è stato fatto da allora?
- Sicilia, 13 dicembre 1990, magnitudo 5.1: 16 vittime
- Umbria e Marche, 26 settembre 1997, magnitudo 5.6: 11 vittime
- Molise e Puglia, 31 ottobre – 2 novembre 2002, magnitudo 5.4: 30 vittime
- L’Aquila, 6 aprile 2009, magnitudo 6.3: 309 vittime
- Emilia-Romagna, 20 maggio 2012, magnitudo 5.9: 27 vittime
- Lazio, Marche e Umbria, 24 agosto 2016, magnitudo 6.0: 299 vittime
Questo è l’elenco dei terremoti di entità rilevante verificatisi tra il 1984 e oggi, in cui hanno perso la vita complessivamente 692 persone, senza contare i danni incalcolabili al nostro patrimonio storico e artistico, unico al mondo, ma così fragile e indifeso.
Nel 2018, come sempre in ritardo rispetto agli eventi storici, uscirà una nuova normativa sismica, che andrà a sostituire quella attualmente in vigore, risalente al 2008. Ma non è questo che occorre all’Italia, perché, come detto, sono già 34 anni che abbiamo le competenze tecniche per evitare tragedie come quelle appena elencate.
Quello che serve è una cultura delle prevenzione, che non deve essere imposta dalla politica ma dovrebbe nascere dall’istinto di sopravvivenza di ogni singolo cittadino che vive in zone a rischio. Invece si tende sempre a trascurare, si pensa che simili disgrazie non capiteranno mai a noi, oppure si pensa che sia compito di qualcun’altro rendere sicura la nostra casa, magari perché i costi sono troppo alti per un singolo cittadino. Tutto questo è ovviamente falso ed è figlio della disinformazione.
Nei prossimi mesi pubblicherò alcuni articoli in cui cercherò di spiegare come sia veramente semplice e, soprattutto, economico rendere sicura una casa in muratura. In moltissimi casi sarebbe sufficiente rinunciare per un anno a comprare l’ultimo iPhone per mettere al sicuro le proprie vite. Se siete interessati all’argomento, vi consiglio di tenere d’occhio il sito.
Nel 2017 la politica si è mossa
In questa sede voglio però parlarvi di uno dei pochissimi passi, se non forse l’unico, che è stato fatto dalla politica verso la prevenzione: mi riferisco al SismaBonus, introdotto con il Decreto Ministeriale numero 58 del 28.02.2017 e subito modificato con il Decreto Ministeriale numero 65 del 07.03.2017 (altro tipico malcostume della nostra politica, il non riuscire a promulgare una normativa completa e coerente, c’è sempre bisogno che altre norme spieghino come attuare la prima).
Il testo è stato di fatto scritto mentre la terra ancora tremava: l’ultima scossa dell’evento sismico, iniziato a L’Aquila nel 2009 e rimessosi in moto ad Amatrice nel 2016, risaliva al 18.01.2017, appena 40 giorni prima della pubblicazione del Decreto. Il paese era esasperato da un susseguirsi di scosse sopra il 5° grado di magnitudo, che si ripetevano ormai da 5 mesi. Forse per placare l’opinione pubblica, sempre più irritata dall’immobilismo delle istituzioni, forse ispirato da un vero desiderio di prevenzione, nel Decreto viene finalmente inserito quello che si aspettava da 33 anni: un corposo incentivo fiscale per chi intendesse rendere più sicura la sua casa, il cui costo dei lavori sarà quasi interamente rimborsato dallo Stato.
Un tecnico abilitato deve per prima cosa analizzare la situazione attuale ed assegnare all’edificio esistente una classe di rischio sismico, che può andare dalla A+ alla G. Per fare questo sarà necessario eseguire un rilievo della struttura e svolgere delle analisi geologiche del terreno; negli edifici in cemento armato saranno anche obbligatorie indagini di laboratorio sui pilastri e sulle travi per accertare la bontà dei materiali utilizzati. Non preoccupatevi però, come vedremo più avanti, le spese di diagnosi sono a costo zero.
Una volta stabilito il grado di vulnerabilità, si dovranno progettare gli interventi correttivi per abbassare la suddetta classe di rischio sismico di almeno una fascia. In sostanza non è necessario realizzare interventi costosi e complessi per adeguare alla normativa antisismica il fabbricato, si richiede solamente di renderlo più sicuro di quanto non lo sia oggi. Se è vero che far diventare antisismico un edificio antico possa risultare estremamente oneroso, limitarsi a realizzare quei piccoli interventi che lo rendano abbastanza sicuro da salvare le nostre vite in molti casi potrebbe essere relativamente semplice ed economico.
Gli incentivi del SismaBonus
Nei prossimi mesi entrerò nel merito e cercherò di spiegare come sia possibile rendere sicure le nostre case spendendo cifre tutto sommato contenute, per il momento concentriamoci sugli incentivi fiscali del SismaBonus:
- 100% di detrazione fiscale delle spese di diagnosi sismica (introdotto dal SismaBonus 2018)
- 50% di detrazione fiscale dell’importo dei lavori per le ristrutturazioni sismiche senza aumento di classe
- 70% (75% nei Condomini) per il miglioramento di una classe di rischio sismico
- 80% (85% nei Condomini) per il miglioramento di due o più classi di rischio sismico
- Il tetto massimo scaricabile è di 96.000€ per ciascuna unità immobiliare, detraibili in 5 anni
La prima cosa che salta all’occhio è che eseguire una diagnosi del proprio fabbricato per studiarne la vulnerabilità sismica è totalmente gratuito, nell’arco di 5 anni saranno state recuperate tutte le spese: strutturista, geologo, eventuali prove di laboratorio, ecc. A prescindere dall’intenzione di eseguire o meno la ristrutturazione, questa è comunque una grande occasione di conoscere a fondo la casa in cui si vive.
Facciamo invece un esempio pratico nel caso si decida di procedere con i lavori: abbiamo un edificio antico in muratura composto da 10 appartamenti, lo Stato ci offre quindi una detrazione del 75% o dell’85% su un importo dei lavori pari al massimo a 960.000€. Tuttavia, per rendere più sicuro il fabbricato e guadagnare le famose due classi di rischio, in molti casi è sufficiente una spesa nell’ordine dei 30.000-60.000€. Poniamo il caso che l’importo finale sia di 50.000€: ciascun proprietario dovrà pagare la somma iniziale di 5.000€ per svolgere i lavori, così facendo avrà diritto ad una detrazione fiscale di 850€ l’anno per 5 anni, al termine dei quali avrà risparmiato 4.250€ di tasse. In pratica avrà reso sicura la sua abitazione al costo di uno smartphone.
Qualora la spesa fosse comunque troppo elevata, è possibile richiedere un finanziamento per 5 anni, che sarà in gran parte ripagato con le detrazioni fiscali. Nell’esempio precedente, ipotizzando un prestito da 5.000€, la rata mensile ammonterà a circa 95€ (simulazione effettuata su uno dei tanti siti online), per un totale annuo di 1.140€; considerando però il risparmio di 850€ sulla dichiarazione dei redditi di cui abbiamo parlato in precedenza, il costo reale dell’intervento ammonterà a circa 290€ l’anno.
E’ vero, al cittadino spetta il compito di anticipare la somma iniziale o di stipulare il finanziamento. In sostanza, deve compiere lui il primo passo. Tuttavia parliamo di cifre “abbordabili” se paragonate al valore della vita nostra e dei nostri cari, non trovate?
Intendiamoci: le cifre dell’esempio non valgono logicamente per ogni edificio. Tuttavia, sulla base della mia esperienza professionale, per rendere più sicuro un fabbricato in muratura portante quasi sempre sono stati sufficienti interventi minimi, come l’inserimento di catene o il rinforzo dei solai, senza nemmeno la necessità di ritinteggiare le facciate o le pareti interne. Il discorso si complica per gli edifici in cemento armato, sui quali è impossibile sbilanciarsi in una stima senza aver prima eseguito la diagnosi.
Migliorare la classe di vulnerabilità sismica del singolo appartamento
La classe di vulnerabilità sismica è riferita all’intero edificio e non alle sue singole porzioni. E’ possibile modificarla agendo localmente? L’attuale normativa antisismica, le NTC2008, definisce 3 tipologie di interventi strutturali sugli edifici esistenti:
- Adeguamento Sismico (Cap. 8.4.1): interventi che comportino una sopraelevazione o un ampliamento dell’edificio; interventi di variazioni di classe e/o destinazione d’uso che aumentino i carichi in fondazione di oltre il 10%; interventi che modifichino radicalmente la struttura. Questi interventi comportano la verifica dell’intera struttura.
- Miglioramento Sismico (Cap. 8.4.2): interventi che migliorino la capacità di resistenza delle strutture esistenti alle azioni sismiche, senza rientrare nelle casistiche precedenti. Questi interventi comportano la verifica dell’intera struttura.
- Riparazione o Intervento Locale (Cap. 8.4.3): interventi che riguardino porzioni limitate della struttura e non producano sostanziali modifiche al comportamento del fabbricato; inoltre i singoli interventi devono migliorare le condizioni di sicurezza di quella porzione.
Per diminuire la vulnerabilità sismica, che riguarda la resistenza dell’intero edificio, bisognerà necessariamente operare un “Adeguamento” o un “Miglioramento”; in nessun caso si potrà variare la classe di vulnerabilità sismica agendo con un “Intervento Locale”, in quanto, per definizione stessa della normativa, gli interventi locali non possono comportare modifiche alla resistenza complessiva dell’edificio, ma solo a limitate porzioni di essa. Dovendo eseguire analisi e progettare interventi che riguardano l’intero edificio, il proprietario di un singolo appartamento non potrà accedere agli incentivi fiscali senza coinvolgere il resto del Condominio.
Il concetto in realtà è abbastanza intuitivo: non ha senso rinforzare la struttura di un appartamento, se il resto del fabbricato rischia di crollargli intorno; per aumentare la sicurezza di casa propria si deve aumentare quella di tutto l’edificio, di conseguenza si dovranno operare analisi “globali” e non “locali”.
Alcune considerazioni e buoni propositi per il futuro
Non si tratta certo di una norma perfetta, a mio modo di vedere si potrebbe fare molto di più in tal senso.
Per prima cosa bisognerebbe semplificare le delibere dei lavori di miglioramento sismico nelle assemblee di condominio, perché nelle grandi realtà urbane questo rappresenta spesso un ostacolo insormontabile, in cui una moltitudine di persone poco lungimiranti impedisce ai pochi realmente interessati alla sicurezza di fare qualcosa. Attualmente è previsto un incentivo per i Condomini che effettuano interventi agevolabili sia con il SismaBonus che con l’EcoBonus, ma non è a mio modo di vedere sufficiente per smuovere le masse.
Inoltre, perché non rendere obbligatorio allegare ai contratti di compravendita e di locazione, analogamente alla classe energetica, un certificato che attesti la classe di vulnerabilità sismica dell’edificio? Vedendo scritto nero su bianco che la casa che stiamo acquistando non è sicura forse ci penseremmo due volte prima di andare avanti, in tal modo la prevenzione sismica acquisterebbe valore economico, fornendo un enorme incentivo agli interventi di miglioramento.
Si potrebbero studiare riduzioni sulla rendita catastale dell’edificio per gli edifici in classe A o superiore, andando così a ridurre le imposte sulle compravendite, sull’IMU, sulla nettezza urbana, ecc. Si avvierebbe un sistema virtuoso che premia chi decide di vivere in una casa sicura.
Insomma, di aspetti migliorabili ce ne sono molti e la strada da compiere è ancora lunga.
Speriamo che questo sia solo il primo passo verso la creazione di una cultura della prevenzione, processo tutt’altro che semplice. La conoscenza e le competenze per mettere in sicurezza gli edifici erano a disposizione già da 33 anni, ci sono voluti 6 eventi sismici di drammatiche proporzioni e la perdita di 692 vite umane per spingere la politica a mettersi in moto. Ora tocca ai tecnici diffondere questo messaggio ed ai cittadini dimostrare di avere a cuore la loro sicurezza, in modo tale che il processo di miglioramento non muoia sul nascere.
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